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La comproprietà: utilizzo esclusivo e i suoi effetti

CASSAZIONE CIVILE, SEZIONE 2, ORDINANZA N. 39036 DEL 09/12/2021

La comproprietà di un bene – e in particolare di un bene immobile che è l’ipotesi certamente più ricorrente – fa sorgere nei non addetti ai lavori non poche domande e perplessità sul diritto al suo utilizzo e alla legittimità di un uso esclusivo da parte di uno solo dei comproprietari.

Il presente scritto è certamente più rivolto a chi si trova ad essere comproprietario di un bene con altri e si chiede quale uso ne possa fare e quale uso sia invece vietato a ogni singolo comproprietario, che non agli operatori del diritto che ben ne conoscono le norme regolatrici, che possono apparire apparentemente contradditorie per gli utenti.

Le ipotesi più ricorrenti di comunione (comproprietà), semplificando non volontaria, e che proprio per questo aspetto possono creare maggiori dubbi e quesiti ai soggetti che vi si trovano coinvolti, sono quelle tra coeredi e quelle negli edifici condominiali, distinte peraltro da una netta e significativa differenza.

La prima non comporta alcun obbligo di rimanere in comunione con la possibilità, in qualsiasi momento e da parte di ciascuno dei comproprietari, di chiedere la divisione con l’effetto, ove possibile, di attribuzione di singole autonome proprietà e, sempre, di scioglierla. Nel caso del condominio, invece, lo scioglimento può avvenire solo in circostanze particolari.

L’uso dei beni comuni è regolato in generale dall’art. 1102 del codice civile, il quale prevede che ciascun comproprietario può servirsi della cosa comune, purchè non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri comproprietari di farne parimenti uso secondo il loro diritto.

Si tratta pertanto di due differenti condizioni di cui la seconda è quella che in questo caso ci interessa.

Ora è evidente quale sia il nodo da sciogliere: qual è il limite tra il lecito servirsi della cosa comune da parte di uno solo dei comproprietari e contemporaneamente la possibilità del pari uso da parte degli altri comproprietari?

Il pari uso non va inteso nel senso di uso identico e contemporaneo il che, essendo logisticamente impossibile, di fatto comporterebbe nei fatti il divieto, per ciascun comproprietario, di fare qualsiasi uso particolare a proprio vantaggio della cosa comune (Tribunale di Arezzo, 04/10/2021, n. 800).

L’uso paritario deve invece intendersi come diritto di ciascun partecipante alla comunione della facoltà di trarre dalla cosa comune la più intensa utilizzazione, a condizione che questa sia compatibile con i diritti degli altri, essendo i rapporti condominiali informati al principio di solidarietà, che richiede un costante equilibrio fra le esigenze e gli interessi di tutti i partecipanti alla comunione (in tema condominiale Tribunale Modena sez. I 06/05/2021 n. 752).

La giurisprudenza ha inoltre chiarito che l’uso esclusivo del bene in comunione, da parte di uno dei comproprietari, non provoca alcun pregiudizio in danno degli altri, quando questi siano rimasti inerti o abbiano acconsentito all’uso esclusivo in modo certo ed inequivoco (tra le tante da ultimo Tribunale Pavia sez. III 05/10/2021 n. 1262; Tribunale La Spezia sez. I 08/06/2021 n. 345; Tribunale Bergamo sez. IV 25/03/2021 n. 504; Tribunale Palermo sez. II 15/03/2021, n.1067).

Invece la conseguenza in caso di uso esclusivo del bene in comunione contro la volontà espressa degli altri comproprietari, è che l’occupante sarà tenuto al pagamento della corrispondente quota di frutti civili ricavabili dal godimento indiretto della cosa solo se gli altri partecipanti abbiano manifestato l’intenzione di utilizzare il bene in maniera diretta e non gli sia stato concesso (Cass. Civ., Sez. 2,  n. 7019 del 12/03/2019; Cass. Civ., Sez. 2, n. 2423 del 09/02/2015).

Relativamente agli immobili, i frutti civili si identificano con un canone locativo di mercato (principio confermato dall’ordinanza che ha dato spunto al presente scritto e più volte dichiarato dalla Cassazione tra le ultime Cass. Civ., Sez. 2, ordinanza n. 17876 del 03/07/2019 e Cass. Civ. Sez. 2, Sentenza n. 5504 del 05/04/2012).