CASS. CIV. SEZ. LAV. ORD. 18 LUGLIO 2025 N. 20035
Con l’ordinanza n. 20035/2025, la Corte di Cassazione – Sezione Lavoro – interviene su un tema cruciale del diritto del Lavoro: il riconoscimento dell’indennità sostitutiva delle ferie non godute in fase di cessazione del rapporto di lavoro. La pronuncia offre spunti interpretativi di rilievo sul bilanciamento tra obblighi del datore di lavoro e diritti del lavoratore, specialmente in punto di onere della prova.
La vicenda in primo grado
Un ex lavoratore dipendente, in pensione dal mese di settembre 2011, aveva ottenuto un decreto ingiuntivo dal Tribunale di Roma a titolo di compenso per ferie e permessi non usufruiti.
L’opposizione della società (datrice di lavoro) portava il Giudice di primo grado a ridurre notevolmente l’importo, ritenendo non provata la mancata fruizione delle ferie, posto che il lavoratore, a dire della società, era rimasto inerte a fronte del formale invito dell’azienda a fruire delle ferie.
In secondo grado
Il lavoratore, in sede di appello, sosteneva di essersi “attivato” poiché aveva fruito di 41 giorni di ferie residue, cessando così di fatto anticipatamente dal servizio. La Corte non ammetteva tali deduzioni difensive, poiché considerate “nuove” e per tanto non sollevabili in sede di appello.
Sottolineava inoltre la Corte, che il lavoratore avrebbe dovuto assolvere l’obbligo di attivarsi preventivamente, ovvero a seguito della comunicazione aziendale del luglio 2011, al fine di programmare le ferie prima della cessazione del rapporto di lavoro.
La Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha infine accolto il ricorso del lavoratore affermando che la perdita del diritto alle ferie retribuite e dell’indennità sostitutiva non può essere automatica, senza la previa verifica che il lavoratore, mediante un’informazione adeguata, sia stato posto dal datore di lavoro in condizione di esercitare effettivamente il proprio diritto alle ferie prima della cessazione del rapporto di lavoro (ex multis Cass. ord. n. 16175/2024).
La Corte evidenzia che spetta al datore di lavoro dimostrare:
- Di aver avvisato il dipendente in maniera chiara e tempestiva della necessità di fruire delle ferie, se necessario, anche formalmente;
- Di avergli concesso un tempo congruo a garantire che le ferie siano ancora idonee ad apportare all’interessato il riposo ed il relax cui esse sono volte;
- Di averlo informato del rischio di decadenza, poiché in caso di mancata fruizione, tali ferie andranno perse al termine del periodo di riferimento o di un periodo di riporto autorizzato.
Nel caso che stiamo analizzando, l’invito aziendale a usufruire delle ferie è stato formulato a ridosso della cessazione del rapporto di lavoro, lasciando poco spazio per una reale fruizione del periodo di riposo.
Questo intervento della Cassazione rappresenta un tassello importante nel consolidamento di una giurisprudenza attenta ai diritti sostanziali del lavoratore, specie in quelle fasi di transizione che segnano la fine del rapporto, consolidando una tutela che non si limita nella mera prestazione economica, ma coinvolge il benessere psicofisico e la dignità professionale.