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Diritto Civile

Il problema delle irregolarità urbanistiche nella comunione ereditaria

CORTE DI APPELLO DI FIRENZE SENTENZA N. 434/2023

Quando ad una stessa persona sono chiamate a succedere più persone (coeredi) sui beni che formano l’asse ereditario si realizza una comunione, che prende il nome di comunione ereditaria la quale, a differenza della comunione ordinaria, è composta non da un solo diritto ma da una pluralità di diritti e doveri di diversa natura tra essi eterogenei (diritti reali, di credito, immateriali etc).

La comunione ereditaria si scioglie, e dunque cessa, con la divisione, le cui modalità possono essere previste dal testatore nel testamento oppure per accordo tra coeredi (c.d. divisione contrattuale) o, ancora, ove gli eredi si trovino in disaccordo, per opera del giudice (c.d. divisione giudiziale): sciogliendo la comunione il coerede diviene titolare esclusivo di una parte dei beni comuni rispondenti alla quota a lui spettante nello stato di comunione.

Ciascun coerede ha diritto di chiedere lo scioglimento della comunione ereditaria, sostanziandosi tale diritto in un diritto potestativo ed imprescrittibile e tutti i coeredi devono partecipare, a pena di nullità della divisione, alla stessa.

Alla divisione non può procedersi nei seguenti limitati casi: quando le parti, mediante accordo, abbiano deliberatamente deciso di rimanere nello stato di comunione (c.d. patto di indivisione); quando il testatore disponga il rinvio della divisione; quando il giudice abbia disposto la sospensione della divisione su richiesta di uno dei coeredi; ex lege, come nel caso di presenza nascituri.

Oggetto della divisione sono tutti i beni in comunione ereditaria anche se, su accordo dei coeredi, è possibile procedere ad una divisione parziale.

Fasi della divisione sono:

  • Formazione della massa ereditaria;
  • Stima dei beni;
  • Formazione del progetto di divisione;
  • Assegnazione o attribuzione delle porzioni concrete.

Cosa accade se tra i beni caduti in comunione ereditaria c’è un immobile per il quale è stata riscontrata una irregolarità urbanistica?

Sul tema si sono susseguite diverse interpretazioni giurisprudenziali: secondo un primo orientamento (ex multis Cass. Civ. n. 8147/2000), risalente, lo scioglimento della comunione ereditaria sarebbe invalido, essendo ravvisata, in ossequio all’art. 1418 comma 3 c.c., una nullità testuale; secondo altro orientamento (ex multis Cass. Civ. n. 2359/2013), opposto, la nullità comminata era da ricondursi all’alveo dell’art. 1418 comma 1 c.c. e, dunque, avrebbe dovuto essere trattata alla stregua d’una nullità sostanziale.

In seno a tale ultimo orientamento, poi, alcuni ritenevano che la presenza di un abuso portasse alla nullità del contratto per impossibilità dell’oggetto, altri per illiceità dell’oggetto.

Ancora, secondo altra giurisprudenza, dirimente era l’anno di costruzione del fabbricato, non essendo possibile comminare, alla stregua della interpretazione strettamente letterale della L. n. 47/1985 (oggi superata dal Testo Unico Edilizia), la sanzione della nullità per atti di scioglimento di comunione ereditaria avente ad oggetto fabbricati abusivi non sanati, costruiti prima dell’entrata in vigore di detta legge.

A comporre il contrasto sono intervenute, nel 2019, le sezioni unite della Corte di Cassazione (Cass. Civ. SS. UU. n. 8230/2019), affermando la linea interpretativa a mente della quale sono da leggersi in combinato disposto l’art. 17 e l’art. 40 della L. n. 47 del 1985 e, dunque, in tema di invalidità del contratto (di scioglimento della comunione ereditaria), sono da ritenersi nulli, ai sensi dell’art. 1418 comma 3 c.c. (nullità testuale), gli atti tra vivi, ivi compreso lo scioglimento della comunione, relativi a fabbricati, o parti di essi, in caso di assenza d’una specifica regolarizzazione e ciò, peraltro, indipendentemente dall’anno di edificazione dell’immobile.

Si registra, inoltre, una recente pronuncia della Corte di Appello di Firenze (Corte App. Firenze, sez. III, n. 434/2023) che chiarisce che, in presenza di abusi edilizi, il giudice non può disporre lo scioglimento della comunione (ordinaria o ereditaria che sia) senza la dichiarazione circa gli estremi della concessione edilizia e degli atti ad essa equipollenti, costituendo la regolarità edilizia del fabbricato una condizione dell’azione di divisione sotto il profilo della possibilità giuridica e non potendo la pronuncia del giudice realizzare un effetto maggiore e diverso rispetto a quello che è consentito alle parti nell’ambito della loro autonomia negoziale.

Tale mancanza, dunque, diviene rilevabile d’ufficio dal Giudicante in ogni stato e grado del procedimento.