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Il prestito tra privati legati da rapporto di parentela

TRIBUNALE DI VARESE, SENT. N. 355/2023 e SENT. 453/2023

Il prestito tra privati, anche legati da rapporto di parentela, è istituto giuridico riconducibile allo schema normativo del contratto di mutuo (artt. 1813 ss c.c.).

La consegna del denaro determina il perfezionamento dell’accordo, con la conseguenza che il mutuatario diviene proprietario del denaro – o altro bene – consegnato (art. 1814 c.c.), assumendo contestualmente l’obbligo di restituirlo al mutuante entro la scadenza pattuita (artt. 1816 e 1817 c.c.).

Il mutuo si presume oneroso in quanto il mutuatario, a titolo di corrispettivo, deve corrispondere gl’interessi al mutuante (art. 1815 c.c.): tali interessi, salvo diversa pattuizione, sono dovuti al tasso legale e non possono superare i tassi soglia di riferimento periodicamente aggiornati con decreto ministeriale.

Nulla vieta, però, che il mutuo sia concluso a titolo gratuito, cioè non siano dovuti interessi da parte di chi ha ricevuto il denaro, permanendo in tal caso in capo a costui solo un obbligo di restituzione.

Per la conclusione d’un contratto di prestito tra privati non è necessario alcun requisito di forma, essendo sufficiente anche il solo accordo verbale delle parti.

Sotto il profilo processuale, assume particolare rilievo l’ipotesi di mancata restituzione del danaro consegnato in forza di mutuo verbalmente stipulato tra parenti: in detti casi, il creditore-attore ha l’onere di provare l’avvenuta consegna ed il conseguente diritto ad ottenere la restituzione. Tale onere non viene meno neanche nel caso in cui la controparte inadempiente, pur ammettendo di aver ricevuto delle somme, dovesse eccepire che dette somme siano state consegnate ad altro titolo, diverso dal mutuo, e, quindi, di non essere gravata da alcun tipo di obbligo di restituzione.

L’obbligo di restituzione, infatti, segna il discrimine tra il mutuo e figure affini caratterizzate dall’assenza di doveri restitutori quali atti di liberalità (c.d. donazioni) o prestiti eseguiti in esecuzione di doveri morali o sociali, molto frequenti in ambito familiare (c.d. obbligazioni naturali).

Per evitare, dunque, che lo scambio di denaro risulti avvenuto a titolo donativo o in ossequio di un’obbligazione naturale – con conseguente rigetto della domanda restitutoria – spetta al creditore mutuante dimostrare, oltre all’avvenuta consegna della somma di cui già si è detto, anche che il rapporto contrattuale è da ricondursi al mutuo e non già ad altre figure contrattuali affini.

Sul punto, unarecente pronuncia del Tribunale di Varese (sentenza n. 355/2023) ha affermato, in linea con la costante giurisprudenza di legittimità, che chi chiede la restituzione di somme è tenuto a provare gli elementi costitutivi della domanda e, pertanto, non basta dimostrare l’avvenuta consegna del danaro, ma anche che tale consegna è stata effettuata per un titolo -il mutuo appunto- che implichi l’obbligo di restituzione, così da soddisfare l’onere della prova.

In un procedimento civile, terminato con affine decisione (sentenza n. 453/2023), il Tribunale Varesino ha ritenuto provata l’esistenza del mutuo orale tra parenti a fronte della produzione in giudizio delle distinte di bonifico recanti causale “prestito” (trattandosi di strumenti di pagamento tracciabili), nonché della dichiarazione d’un teste che ha confermato l’impegno assunto dai convenuti di restituire il prestito agli attori entro una determinata scadenza poi non rispettata.